Ivan Pozzoni
- 09/03/2018 02:37:00
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Calcio come un somaro, sai.
Giosuè, poeta moderno e grande - non ramingo, affamato, ospite di caprai, come l’antico Omero; ma (ohimè!) commendatore lucido e rotondetto nelle corti e tra i ben nutriti- maravigliato dal mio guardare attonito chiesemi con dolcissimo suono di rime:
Oltre la siepe, o antico paziente, de l’odoroso biancospino fiorito, che guardi tra i sambuchi a l’oriente con l’accesa pupilla inumidita?” Io non guardo all’oriente, o poeta, ma guardo al mondo che è del tutto ... disorientato.
Guardo a questa matta popolazione di asini divisa in due categorie: gli asini da soma; e gli asini d’oro. I primi vanno ai campi; i secondi stanno alla greppia. I primi portano la farina; i secondi ... la mangiano! Guardo al fenomeno curioso, e ne penso la causa: perché tutto ciò? Perché i primi hanno il basto; e i secondi ... il bastone. Oh vivaddio ... basta! Io, nato fra gli asini da soma, non penso l’ardente Arabia e i padiglioni di Giob, ma penso, per Giobbe! che è ora di finirla, e col primo vagito mando un raglio di ribellione: compagni di fatica! sprangate a calci a destra, a sinistra ... e al centro! Buttate il basto! E frantumate il bastone! Per tutti la fatica! Per tutti la farina!
[da Prendendo il trotto, L’Asino, n.1/1892]
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